Chiariamo subito: suonare il pianoforte non è cosa semplice, soprattutto se si è alle prime armi. Molto spesso le difficoltà si protraggono a lungo perché, il pianista inesperto, sbatte in continuazione sugli stessi problemi senza risolverli. Come dico sempre, sin dalla prima lezione di pianoforte si devono sradicare le cattive abitudini!
Difatti, chi studia il pianoforte è spesso vittima di stati psicologici negativi dovuti a metodi sbagliati, impostazioni poco curate e limiti caratteriali che vanno a compromettere la regolarità del percorso di studi. Ricorda che, se non si interviene opportunamente per correggere gli errori più comuni, questi tormenteranno lo studioso per tutta la vita.
Ho deciso di compilare questa lista di regole per mettere in guardia lo studente pianista affinché possa ottimizzare le ore dedicate allo studio.
10 regole per mettere i puntini sulle “I” a chi si sta avvicinando al pianoforte per la prima volta. 10 regole per saperne di più sull’arte pianistica. 10 comandamenti da scolpire nella pietra e inchiodare sullo strumento sin dalla prima lezione di pianoforte. 10 comandamenti da seguire affinché regni perpetua armonia tra il pianista e il suo strumento.
Prima Lezione di Pianoforte: I 10 Comandamenti del Pianista
1. Abbi cura del tuo strumento.
Com’è noto, sono diversi i fattori che determinano il deterioramento degli strumenti musicali nel tempo. Fai attenzione che, se il tuo pianoforte non è in salute, ti ritroverai a dover studiare su uno strumento che sta a mezzo servizio. Questo crea non poche difficoltà allo studioso desideroso di apprendere la tecnica in modo completo cavando dai tasti un suono pulito e dalle infinite sfumature.
Bada bene quindi a:
- posizionare il pianoforte in modo che il suono possa espandersi equilibratamente nella stanza
- non esporre lo strumento ai raggi solari
- non piazzare il pianoforte in luoghi umidi e in cui sono frequenti bruschi sbalzi di temperatura: il rischio è di danneggiare la meccanica!
- non posizionare oggetti sul coperchio
- non toccare le parti interne. Anche nel caso in cui dovesse cadere un oggetto estraneo all’interno, affidati sempre ad un tecnico specializzato. Non fare mai di testa tua!
- far accordare il pianoforte dal tuo accordatore di fiducia almeno una volta l’anno; meglio se lo fai accordare in corrispondenza di cambi di temperatura significativi (autunno e primavera). Eventualmente fai registrare anche la meccanica per mantenerne il perfetto equilibrio ed efficienza
Infine last but not least: usa la naftalina per difendere il tuo piano dalle termiti e dai tarli!
Tutto ciò che abbiamo detto vale ovviamente per i pianoforti acustici. In questo articolo precedente, dove parlo della differenza tra pianoforte verticale e quello a coda, hai la possibilità di sciogliere ogni dubbio sulla scelta del tuo strumento… nel caso non lo avessi ancora acquistato!
Liszt disse: “Il mio pianoforte è per me quello che il marinaio è la sua nave, per l’arabo il suo cavallo; più ancora, esso è il mio Io, il mio linguaggio, la mia vita”.
2. Non avrai altro strumento al di fuori del pianoforte.
Non fare l’errore di molti quando si lasciano prendere troppo dall’entusiasmo che, dopo aver mosso i primi passi su uno strumento, vogliono iniziare a impararne subito un altro!
Vuoi continuare a progredire in modo continuo e progressivo col pianoforte?
Bene, allora non lasciarti distrarre da altre tentazioni, non fosse altro per avere più tempo a disposizione per approfondire la tecnica e per studiare brani sempre più difficili.
Inoltre, in taluni casi, vi sono “incompatibilità fisiche” che ti impediranno di fare un determinato passo: ad esempio, se sei pianista, scordati di voler apprendere la chitarra classica in quanto occorre avere le famose unghie lunghe da chitarrista…
Con questo non ti sto dicendo che non dovrai mai provare a suonare un altro strumento, anzi: la conoscenza di più strumenti musicali ci completa come musicisti!
Ma la conoscenza è una cosa, vivere totalmente il nostro strumento ne è un’altra.
3. Programma e struttura l’attività di studio.
Stabilisci i giorni e gli orari fissi da dedicare al pianoforte. Questo serve per imprimere la giusta regolarità allo studio e, nel lungo termine, a conservare la tecnica acquisita e a migliorare, a livello quantitativo, il repertorio. L’incontro con lo strumento deve essere un appuntamento fisso: cerca di non mancare mai se non vuoi correre il rischio di retrocedere di livello…
Inoltre, cerca di strutturare le tue sessioni di studio: scegli con criterio cosa fare prima e cosa fare dopo in un determinato lasso di tempo. A tal proposito, ti consiglio vivamente di scaldarti con la tecnica (scale, arpeggi, ecc.) prima di dedicarti allo studio dei pezzi veri e propri.
Domanda del secolo: quanto deve durare una sessione di studio?
Beh, sappi che i pianisti professionisti studiano dalle 4 ore in su; ciò significa che tu non dovrai mai scendere al di sotto delle 2 ore!
E per finire, un consiglio da amico: non fare l’errore di comprare 2000 libri di esercizi e/o brani per poi non suonarne bene neanche uno! Concentrati piuttosto su quei 3-4 libri di tecnica veramente validi di cui tu e il tuo insegnante riversate più fiducia e importanza. Per quanto riguarda la scelta dei pezzi sta a te e alla tua sensibilità riconoscere in quali di essi la tua anima si identifica di più!
4. Non cedere alle tentazioni della fretta.
La fretta è la peggiore delle nemiche! La fretta è uno dei mali della società moderna: essa scaturisce dalla affannosa ricerca di arrivare al traguardo nel più breve tempo possibile, anche a costo di saltare qualche step.
Per il frettoloso ciò che conta è avere tutto e subito con poco sforzo e senza sacrificarsi, senza spendere il tempo necessario per progredire, senza avere la benché minima volontà di eliminare le distrazioni per aumentare e ottimizzare le ore di studio.
Secondo la mia teoria, nel pianoforte esistono due tipologie temporali: la prima è il tempo di studio, la seconda è il tempo di crescita.
Il tempo di studio riguarda l’arco temporale delle tue sessioni di apprendimento, mentre quello di crescita ingloba i tuoi progressi nel lungo termine. Per lo studente frettoloso il tempo di studio deve essere breve e velocissimo, nel disperato e maldestro tentativo di abbreviare anche il tempo di crescita.
Illusione, solo illusione!
L’unico effetto che si ottiene è quello di suonare avendo l’impressione di aver raggiunto l’agilità, ma è pura apparenza: presto ci si accorge inesorabilmente che, per via della fretta, quel passaggio non è stato assimilato nel modo corretto perché il suono risulta sporco, il ritmo non è quadrato, la mano è nella posizione sbagliata, ecc. Ci si accorge che si è di nuovo punto e a capo, e in più con la sensazione di aver perso tempo ed energie inutili; la naturale conseguenza di questa sensazione è la frustrazione.
Per cui qual è la soluzione?
Semplice: allunga i tempi di studio! Solo così puoi diminuire il tuo tempo di crescita… E magari finalmente il tuo insegnante sarà più soddisfatto durante la lezione di pianoforte.
In verità non esiste un arco temporale in cui riuscire a raggiungere un determinato traguardo che possa essere valido per tutti. Ognuno ha i propri tempi di crescita che devono essere lasciati alla loro natura senza forzature! Ma, una cosa è certa: nell’arte pianistica non esistono scorciatoie, in quanto si migliora per gradi, step by step, lezione dopo lezione. Solo così puoi permettere al tuo cervello e alla tua mano di accogliere la tecnica man mano che diventa sempre più difficile.
Vuoi conoscere uno dei tanti modi per diminuire i tempi di crescita?
Studia sempre a mani separate e lentamente!
Già, la lentezza: che brutta parola, vero?
E infatti si tende a confondere l’agilità con la velocità: questo è un errore culturale grave in cui cascano la maggior parte dei pianisti in erba. È un errore di cui difficilmente ci si libera: esso permane anche dopo che è passato molto tempo dalla prima lezione di pianoforte.
E allora, cos’è l’agilità?
In generale possiamo dire che è agile tutto ciò che può essere mosso in modo agevole. Le tue dita sono agili quando l’energia muscolare (generata dalla tua volontà) non incontra ostacoli nel mentre si compie un determinato gesto tecnico; un esempio di ostacolo è rappresentato dall’irrigidimento del braccio: questo è in grado di bloccare l’esecuzione della maggior parte dei movimenti tecnici (come note vicine, ottave, ecc.) impedendo al pianista di suonare un passaggio in modo agevole e senza patemi d’animo.
Agilità è quando riesci ad attaccare i tasti nel modo corretto, quando raggiungi l’indipendenza, quando riesci a mantenere un ritmo preciso, quando arrivi a cavare un suono limpido, ecc. Di conseguenza possiamo dire che la velocità è solo uno dei tanti aspetti dell’agilità.
In definitiva, se farai ciò che ti dico, saprai gestire le delusioni quando non riuscirai a ottenere subito ciò che vuoi, e nonostante non otterrai tutto e subito continuerai a lavorare duramente.
La pensi diversamente su questo comandamento? Beh, allora ti invito a dedicarti a un hobby più rilassante e meno dispendioso…
5. Stabilisci una diteggiatura corretta, sempre!
Questo comandamento si spiega da sé.
Personalmente scrivo sullo spartito la diteggiatura sopra o sotto ogni nota prima di mettermi a studiare il pezzo a velocità sostenuta.
In realtà non è tanto importante la diteggiatura di per sé, quanto la posizione che deve assumere la mano in un determinato passaggio. La diteggiatura ci suggerisce istantaneamente la posizione, se non addirittura il movimento tecnico specifico che la mano deve compiere. Raramente cambio diteggiatura in corso d’opera, in quanto riesco a fissare pazientemente una corretta diteggiatura già nella fase preliminare.
Qual è la corretta diteggiatura?
Semplice: è quella che ti facilita l’esecuzione dei passaggi difficili e meno difficili. Non esitare quindi a provare e riprovare nuove soluzioni: ricordati che esiste sempre una diteggiatura migliore di un’altra!
6. Non ripetere troppe volte di seguito lo stesso passo.
Come detto in prefazione, la maggior parte dei pianisti inesperti impiega inutili energie nelle ore di studio sbattendo in continuazione sugli stessi problemi senza risolverli.
Ricorda che non devi mai ripetere troppe volte di seguito lo stesso passaggio senza mai fermarti: sarebbe cattivo segno, e sai perché? Perché rischi di fissarti nelle sabbie mobili dell’errore senza più uscirne vivo!
Se ripeti 30 volte di seguito il brano in cui hai avuto problemi può anche darsi che, dagli e ridagli, tu riesca ad acquistare una certa sicurezza, ma questa sarà solo momentanea, prova ne è che se non studi in modo razionale, a distanza di qualche giorno non riuscirai più a suonare il pezzo.
Piuttosto, comincia a studiare lentamente, vedi dove sono i problemi e agisci in modo opportuno fino a risolverli:
- rilassa il braccio
- dosa il peso
- articola quando è necessario
- rendi stabile la mano
- usa le varianti
- cambia gli accenti
- fissa i punti d’appoggio
- migliora la diteggiatura quando è possibile
In poche parole, fai un lavoro paziente e intelligente.
Questo è studiare! Il resto è leggicchiare lo spartito senza comprenderlo, è ansia d’arrivare al traguardo, è presunzione. Ma non è arte, né armonia.
Il pianista inesperto è come il bambino che riesce finalmente a camminare solo dopo lunghi tentativi e dolorosi capitomboli, senza che egli sappia il perché né il come ci sia riuscito. Ma l’infante fa un allenamento inconsapevolmente empirico e senza avere dalla sua la facoltà di ragionamento; l’adulto, invece, può permettersi di indagare sulle proprie manchevolezze (per poi superarle) perché possiede l’intelligenza razionale.
L’adulto consapevole può evitare le torture che una lunga sfilza di dolorosi capitomboli comporta.
Ricorda che sei tu padrone cosciente delle tue dita, della tue braccia, delle tue azioni muscolari: non lasciare che la riuscita di una buona esecuzione venga affidata alla sorte, al destino.
7. Onora le opere dei grandi autori.
C’è poi una categoria particolare di frettoloso: l’aspirante genio.
L’aspirante genio suona da pochi mesi/anni, ma a un certo punto si sente (inspiegabilmente) così sicuro di sé tanto da voler affrontare le opere più difficili dei grandi autori senza avere una preparazione tecnica adeguata. Ma lui non demorde: vuole andare avanti fino in fondo e si impunta di voler suonare a tutti i costi, al saggio di fine anno, una Sonata di Beethoven piuttosto che uno Studio di Chopin.
Il risultato è un disastro totale, anche perché si va a sfregiare la bellezza di un’opera con un’esecuzione dai maldestri intenti.
Cosa intendo per maldestri intenti? Intendo quell’atteggiamento di spavalderia che hanno molti quando dicono: “Ok, non mi accontento di studiare gli esercizi tecnici adatti al mio livello, non mi accontento di suonare Il Mio Primo Bach, ma voglio stupire suonando brani difficili a velocità razzo così faccio il figo davanti agli altri!“.
Beh, caro mio, se la pensi così, bada bene a ciò che ti dico: la musica non è sport!
Nello sport prevale la velocità e il senso della competitività, mentre nella musica prevale (o dovrebbe prevalere) semplicemente la volontà (da parte del musicista) di comunicare delle emozioni. Se vuoi imparare il pianoforte per sentirti migliore degli altri, allora te lo dico chiaramente: dedicati a uno sport che possa soddisfare al meglio il tuo desiderio di esternare spudoratamente il tuo ego!
Liszt disse: “Considerare l’arte non come mezzo d’arrivare a godimenti egoistici, ad una sterile celebrità, ma come una forza simpatica che avvicina e unisce gli uomini”.
E allora, cosa deve fare un buon concertista? O meglio: cos’è l’esecuzione artistica?
La vera esecuzione artistica è quella in cui riesci a riprodurre le sensazioni provate dall’autore nel momento in cui ha concepito il brano.
Wagner disse: “Chiunque udì Liszt eseguire le sonate di Beethoven ebbe realmente coscienza d’essere in presenza non di una riproduzione, ma di una vera produzione”.
Ed è vero: il buon pianista esegue la musica di un qualsiasi autore come se fosse concepita da lui stesso all’atto dell’esecuzione, ma lo fa solo quando le sue possibilità tecniche sono tali da consentirgli la pronta e perfetta realizzazione di ciò che pensa e sente.
L’esecuzione può dirsi perfetta quando, raggiunto un equilibrio tra il sentimento da esprimere e i mezzi tecnici usati per esprimerlo, incanta e incatena l’anima dell’ascoltatore da dargli la sensazione del bello.
In definitiva, impara ad aspettare il tuo momento: non fare il passo più lungo della gamba. Suona solamente ciò che ti senti sicuro di poter fare al meglio delle tue possibilità.
Vuoi ugualmente iniziare a studiare Liszt? Beh, sappi che tutti i più grandi autori hanno scritto brani dedicati ai giovani pianisti e che loro stessi facevano studiare ai propri allievi!
Pensa al Piccolo libro di Anna Magdalena Bach: è un chiaro esempio di come si possa preparare, al gioco polifonico, la mente e la mano dello studente in modo razionale e progressivo. Solo grazie a quella preparazione l’allievo riuscirà (agevolmente e in seguito) a preparare i brani più difficili del grande Johann Sebastian Bach, come le Fughe a 4 voci oppure le Toccate.
A mio avviso, persino una lezione di pianoforte per bambini deve essere incentrata sulla produzione del suono bello e sull’assimilazione lenta e progressiva della scrittura polifonica.
In più, devi imparare a respirare sullo strumento: guarda una delle mie lezioni pianoforte online se vuoi approfondire questo importantissimo aspetto dell’interpretazione.
E infine, un consiglio da amico: non lasciarti trascinare dal piano tutorial di turno su un pezzo “originale” di Beethoven o di Mozart perché faresti solo un danno al corretto sviluppo del tuo percorso. I piano tutorial possono essere un mezzo valido per imparare semplici brani tendenti (solitamente) al pop, ma non sono assolutamente adatti per apprendere pezzi dalla scrittura articolata e dalla dinamica variegata come le opere dei grandi autori!
Infatti, non basta imitare per apprendere, in quanto l’insegnamento basato esclusivamente sull’imitazione è sì in grado di mostrare l’insieme di suoni da eseguire, ma non indica come fare per ottenere quell’insieme.
Ricorda che l’unico piano tutorial possibile su una sonata di Mozart è il caro e buon vecchio spartito!
8. Non suonerai solo nelle tue quattro mura.
Partiamo da questo presupposto: l’arte è comunicazione, e in quanto tale è necessario che coinvolga due o più individui affinché si compia. Noto però che molti pianisti inesperti fanno fatica ad accettare il fatto di dover suonare per altre persone.
Certo, lo studio del pianoforte rimane un fatto soggettivo, in quanto si svolge (solitamente) in solitudine dentro un’apposita stanza; tuttavia, quando la musica viene messa in pratica, si presuppone che sia oggetto di godimento da parte di un pubblico.
Timidezza, paura di essere giudicati, insicurezze caratteriali e ansia da prestazione sono le peggior nemiche di un musicista. Se ti riconosci in questi difetti non puoi ignorare il problema: il rischio è di avere rimpianti in futuro!
E allora, da dove cominciare?
Intanto inizia subito a prendere coscienza della tua situazione e comincia, un po’ alla volta, a liberare le tue energie dai blocchi consapevoli o inconsapevoli che ti hanno fatto tarpare le ali fino ad ora. A tale scopo non esitare a chiedere l’aiuto di uno psicologo. Contemporaneamente puoi cominciare una sorta di gavetta da concertista, ossia l’apprendimento del mestiere di musicista esercitandoti continuamente sul campo.
Questo percorso da me delineato deve attuarsi per fasi, in questo modo:
- Nella prima fase ti esibirai per almeno un mese attorniato solo dalle persone che conosci (amici e parenti). Puoi organizzare dei veri e propri house concert! Già in questa fase puoi mettere alla prova il tuo canale energetico e capire come gestire al meglio le tue emozioni affinché non travalichino il debole confine della concentrazione.
- Nella seconda fase comincerai a suonare in chiesa. Non ha importanza se andrai a strimpellare solo semplici canzoni: ciò che conta è confrontarsi in situazioni in cui sono presenti anche persone che non conosciamo. E poi, non è detto che tu non possa ficcare un brano di Bach o Mozart tra un momento della messa e un altro…
Credo che almeno 3 mesi di buon sano oratorio ti faranno bene! 😉 - Nella fase tre si comincia a fare sul serio: dovrai esibirti come pianista accompagnatore per cantanti, ensemble da camera o gruppi musicali. Il fatto di esibirti insieme ad altre persone canalizzerà l’attenzione del pubblico su tutti i componenti del gruppo. Questo farà crescere le tue sicurezze in quanto avrai meno pressione addosso… In questo step imparerai a lavorare con gli altri e a fare gioco di squadra.
- Il passaggio finale è rappresentato dal recital. Il recital è una performance musicale incentrata esclusivamente su un singolo esecutore. Il recital rappresenta, per un musicista, la visibilità massima, la valvola di sfogo più prestigiosa della propria vita artistica. Nel recital viene fuori, in modo massimale, tutto il carattere dell’artista in tutta la sua vitalità e individualità.In questa fase comincerai a suonare nei salotti delle associazioni culturali, poi passerai di nuovo alle chiese (questa volta nelle vesti di pianista solista), poi ai concorsi nazionali e internazionali, e per finire… al teatro!
Se hai seriamente intenzione di intraprendere il percorso che ti ho mostrato, nel giro di un paio d’anni diventerai un’eccellente concertista con tanto di pubblico numeroso che ti segue! O almeno si spera… 🙂
Per concludere la spiegazione dell’ottavo comandamento, vale la pena leggere questa breve parabola:
Un monaco si lamentò con il suo maestro perché non riusciva a raggiungere il versante opposto di una montagna.
“La colpa è tua” gli rispose il maestro.
“In che cosa sbaglio? Che cosa mi manca?” domandò l’allievo.
“Vieni con me, e te lo mostrerò.”
Il maestro chiamò un altro discepolo, che era cieco, e tutt’e tre si recarono sulla montagna, in un punto in cui uno stretto tronco era stato gettato su un burrone.
“Attraversa!” disse il maestro al primo monaco. Il poveretto guardò il fondo del burrone, il debole tronco e rispose: “Non posso: ho paura”.
Allora il maestro si rivolse al discepolo cieco e gli diede lo stesso ordine. Il monaco attraversò senza esitare il burrone. “Hai capito?” domandò il maestro al primo monaco.
È sempre la paura il sentimento che si oppone al nostro risveglio: la paura di essere autonomi, la paura dell’ignoto, la paura della responsabilità. Eppure, per colmare il divario, per raggiungere l’altra riva, è necessario affrontare l’abisso; e questo non può essere fatto se non si eliminano mille timori che ci accompagnano nell’attraversamento.
Chi ha orecchi da intendere, intenda!
9. Sii curioso e divora quanta più musica differente possibile.
La curiosità è propria delle persone intelligenti.
Per il musicista la curiosità è una qualità fondamentale per accrescere il proprio background culturale.
Chi suona, ascolta e studia un solo genere musicale saprà esprimersi sempre e solo con le stesse (e poche) modalità espressive, limitando fortemente il lessico del proprio linguaggio musicale. Questo vuol dire rinchiudersi nelle proprie convinzioni e nel proprio mondo, precludendo la crescita delle proprie potenzialità comunicative e tecniche. Ciò significa munirsi di poche frecce al proprio arco.
Se sei (o vuoi diventare) un pianista classico, ti consiglio fortemente di avvicinarti al jazz: in tal modo puoi sviluppare il tuo orecchio musicale in modo esponenziale. Viceversa, sei fai jazz, approfitta dell’opportunità di potenziare la tecnica aprendo un libro di Studi di Chopin oppure di Liszt: il giovamento è assicurato!
E in fondo, quante volte i generi musicali si sono mescolati tra di loro creando a loro volta nuovi generi?
E invece troppe volte ho visto gente fissata per l’hard rock, per il metal, oppure per i pezzi del pianista minimalista del momento. Per non parlare dei fissati per le opere liriche: i melòmani. Addirittura c’è chi ascolta e suona solo musica classica!
Ragazzi, lasciate che ve lo dica: spalancate le vostre porte al nuovo, al diverso, all’inconsueto; e quando l’avrete fatto sarà come prendere l’intero pianeta su di una sola mano.
Il mondo è bello perché è vario!
10. Suona come se dovessi lasciare un testamento spirituale al tuo prossimo.
La musica che produci è una parte di te che doni agli altri.
Non suonare per sentirti il migliore, né per denaro, né per accontentare il mercato.
Traduci in suoni le tue idee ed emozioni, esprimi le idee altrui diventate tue nel momento in cui ne hai sentito la bellezza, il fascino incantatore, il significato, il potere espressivo. E quando lo avrai fatto, non atteggiarti al pubblico come se fossi il migliore, ma come semplice narratore di fiabe.
Suona come se dovessi parlare di un fatto che ti è accaduto veramente e che ti ha molto colpito. Devi dare un significato alle note come fossero parole.
Non cercare di fare 100.000 note al secondo se poi hai l’anima azzerata dall’ego!
Se fai solo acrobazie avrai (forse) nutrito l’occhio del tuo prossimo, ma non avrai prodotto nessuna emozione nel suo spirito.
Lo stupore finisce in fretta; l’empatia dei sentimenti dura per sempre.
Fai tesoro dei preziosi insegnamenti che ricevi. Anche da una lezione di pianoforte per principianti puoi imparare una cosa che già sai guardandola da un’angolazione del tutto diversa. E quando ti troverai nella situazione di dover trasmettere il tuo sapere a un altro individuo, saprai spiegare le cose in tanti modi differenti e stimolanti lasciando spazio alla fantasia.
L’arte è condivisione di una parte del tuo essere, una parte del tuo carattere, una parte del tuo vissuto.
Musica è condivisione con il prossimo.
Devi suonare avendo la consapevolezza di essere esecutore e creatore nello stesso momento, ma per fare ciò devi leggere al di là dello spartito, al di là della carta.
Liszt disse: “Sarebbe un’illusione credere che si possa fissare sulla carta ciò che determina la bellezza e il carattere dell’esecuzione”.
In poche parole, ci vuole l’anima!
È l’unico modo per lasciare la tua immagine impressa nel cuore di chi ti ascolta.
Devi sprigionare la musica dai tuoi lati più nascosti; devi parlare all’inconscio delle persone.
Devi identificarti con la personalità dei compositori: esegui un Notturno come se fossi lo stesso Chopin a suonare.
Fai tuo lo strumento: deve essere una parte del tuo corpo; e quando farà parte di te, i martelletti saranno il prolungamento delle tue stesse dita.
In breve, devi diventare pianoforte!
Ma ricordati di divertirti sempre: non fare dello studio una ragione di vita o di morte! In fondo, musica è benessere, e suonare il pianoforte fa bene alla nostra costituzione psicofisica.
Cerca di modulare il suono: sfrutta le infinite sfumature che il pianoforte può produrre.
Non accontentarti mai, non fermarti alla prima soluzione, ma cura i particolari: miscela i colori come il buon pittore fa con la sua tavolozza.
Liszt disse: “Le corde del mio pianoforte vibrano sotto le mie passioni e i suoi tasti obbedienti si adattano ad ogni mio umore. Entro le sue sette ottave è raccolto il contenuto di un’orchestra e le dieci dita d’un uomo bastano per ridare armonie prodotte da centinaia di esecutori. Noi facciamo accordi rotti come l’arpa, suoni lunghi e tenuti come quelli degli strumenti a fiato, staccati e passaggi che finora sembravano riservati solo per questo o per quello strumento”.
E allora devi cantare con lo strumento, devi farlo parlare.
Il segreto è farsi trascinare dall’estasi emotiva che per sua natura la musica comporta.
Suona anche per chi non ama la musica, suona per chi non ama la tua musica.
Suona per chi non c’è più; suona per chi deve ancora nascere.
Suona anche per i posteri. Ed essi ti apprezzeranno, e si ricorderanno del tuo passaggio energetico.
“Beati coloro che sono umili e perseverano nello studio con intelligenza, perché di essi è il regno del pianoforte”.
Amen!
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